Scale o Alberi

Scale o alberi?

Osserviamo l’evoluzione del cavallo utilizzando la classica figura presente in quasi tutti i libri di testo: i primi animali, chiamati Hyracotherium (o Eohippus), erano molto piccoli, avevano 4 dita nella zampa anteriore, 3 in quella posteriore e denti con la corona bassa. La storia classica (e probabilmente vera) che spiega i vantaggi di questa tendenza evolutiva è basata sul cambiamento di habitat: prima brucavano in zone di foresta bassa (dove sono adatti denti con la corona bassa, perché possono masticare il fogliame, e varie dita, che aderiscono meglio al terreno morbido) e poi passarono al pascolo sulle pianure (dove sono adatti gli zoccoli per il terreno duro e denti forti con la corona alta per le erbe più dure). Una linea che unisce il punto in cui si trova l’Hyracotherium con quello del moderno Equus (passando attraverso  Mesohippus, Merychippus e Pliohippus) è molto limitata: questa linea evolutiva rappresenta un solo percorso attraverso un albero evolutivo assai complesso che negli ultimi 55 milioni è andato crescendo e riducendosi secondo uno schema davvero complicato. Questo percorso particolare non può essere interpretato come un riassunto di tutte le ramificazioni né come tendenza principale dell’evoluzione del cavallo. È solo un piccolo esempio scelto fra la totalità per una sola ragione: l’Equus è l’unico genere vivente di cavalli e perciò l’unico animale moderno che possa servire come punto finale di una serie. L’evoluzione raramente procede per trasformazione di ogni popolazione da uno stadio al successivo: questo tipo di evoluzione permetterebbe di usare una scala o una catena come metafora del cambiamento. Invece l’evoluzione procede attraverso una elaborata e complessa serie di eventi o episodi di speciazione che creano nuove ramificazioni (questo tipo di evoluzione è chiamata cladogenesi o formazione di rami). Nell'albero evolutivo del cavallo nessun percorso è diretto e nessuna delle ramificazioni numerose e complesse può essere definita principale. Perché allora l’evoluzione del cavallo è rappresentata in questo modo? Sono stati scelti i cavalli perché le specie attuali rappresentano il punto di arrivo di una linea che non ha avuto successo. Ironicamente la nostra incapacità di osservare la variazione in un intero sistema unita all'abitudine a rappresentare l’evoluzione come un percorso rettilineo che sale verso l'alto fa si che tutti i nostri esempi di progressi evolutivi mettano in risalto gruppi che hanno fallito, ridotti ad un misero ramoscello, piccole beffe della vita che sopravvivono come relitto della gloria iniziale. Quali sono i mammiferi che hanno avuto veramente successo? Ratti, pipistrelli e antilopi o più scientificamente roditori, chirotteri e bovidi. Questi tre gruppi dominano il mondo dei mammiferi sia per numero di specie sia per espansione ecologica. Non vengono mai messe in evidenza questi gruppi perché non sappiamo come rappresentare il loro trionfo: per noi l’evoluzione è una serie lineare di creature che diventano più grandi, più elaborate o più adatte al proprio ambiente. Quando i gruppi hanno un grande successo e i loro alberi evolutivi hanno numerose ramificazioni che prosperano contemporaneamente, non riusciamo a individuare un percorso preferenziale per cui non abbiamo nessun riferimento in base al quale rappresentare la loro evoluzione. Quando invece un albero evolutivo è stato così sfoltito dalle estinzioni e solo una linea sopravvive allora inganniamo noi stessi e consideriamo questa piccola rimanenza come unico punto d’arrivo dimenticando che un tempo sono esistiti altri percorsi che poi si sono estinti. Osserviamo ora la seconda figura: se tutti i cavalli piccoli muoiono e se nessuno di quelli con tre dita sopravvive contemporaneamente all’Equus con un dito solo allora possiamo giustamente parlare di una tendenza generale all'incremento delle dimensioni e allo zoccolo unico. Potremmo dire che l’albero è formato da tanti rami in ognuno dei quali si può individuare una tendenza reale e non essere critici se viene scelto un percorso piuttosto che un altro. In realtà questa idea del progresso equino non può essere sostenuta. Il fenomeno del nanismo ad esempio è stato persistente e molto ripetuto in tutta la storia del cavallo. Non solo i cavalli moderni sono molto meno numerosi che quelli del passato ma su una scala più ampia il raggruppamento che include i cavalli, i perissodattili, sono una pietosa rimanenza di una precedente abbondanza. In altre parole il cavallo moderno è un fallimento (da molte specie a poche) nel fallimento (fa parte di un gruppo che attualmente comprende 17 specie, una di cavallo, quattro di asini, tre di zebre, cinque di rinoceronti e quattro di tapiri). Un tempo i perissodattili erano i giganti dei mammiferi: nel passato i rinocerontidei erano il gruppo più abbondante e vario, dai piccoli rinoceronti corridori non più grandi di un cane, paffuti abitatori dei fiumi simili agli ippopotami a tantissime forme nane fino ai giganti come il più grande mammifero terrestre di tutti i tempi il Paraceratherium alto cinque metri e mezzo che brucava dalle cime degli alberi. Le cinque specie attuali tutte minacciate di estinzione sono un triste residuo dell’antica gloria, la stessa storia può essere raccontata tanto per i cavalli che, nel nuovo Mondo, si sono estinti che per i tapiri ora presenti solo in Asia e Sud America e prima diffusi in tutto il mondo. Il costante declino dei perissodattili è stato accompagnato da un contemporaneo aumento di importanza degli artiodattili diventati di gran lunga l’ordine più numeroso di mammiferi.

La storia evolutiva di qualsiasi gruppo deve quindi essere seguita attraverso i cambiamenti nella variazione di tutti i componenti e non falsamente desunta da un singolo elemento che si muova lungo un percorso lineare. Anche un’altra linea di mammiferi molto importante o molto amata per questioni campanilistiche ha una storia ugualmente lunga e diffusa di rappresentazioni convenzionali  per cui si è fatto ricorso alla scala del progresso eppure anch'essa  oggi sopravvive come singolo ramo di un albero che un tempo era molto più frondoso. Guardiamoci allo specchio e non mettiamo sullo stesso piano una supremazia transitoria con una intrinseca superiorità o con la prospettiva di una sopravvivenza illimitata.   

Perché non esistono gli anelli mancanti ?

Quindi se l'evoluzione NON è una scala di progresso lineare con la specie più "avanzata" che sostituisce la più "arcaica" ma è un albero fittamente ramificato, con specie " che convivono in ogni epoca, allora è proprio la metafora dell'anello mancante ad essere sbagliata. Chi ne denuncia l'assenza per contrastare l'evoluzione non ha capito il succo della spiegazione evoluzionistica. Se pensiamo all'evoluzione come ad una catena o ad una scala allora ha un senso parlare di anello mancante ma l'evoluzione NON è una scala è un albero e quindi non possono esistere forme odierne "direttamente intermedie fra un cavallo e un tapiro", spiega Darwin, ma "forme intermedie fra ciascuna specie e un comune ma sconosciuto progenitore; e il progenitore è diverso, per qualche aspetto, da tutti i suoi discendenti modificati".