I principi dell'evoluzione di Darwin

Quali sono i principi della teoria dell'evoluzione ?

  1. La variabilità degli individui. Tutti gli organismi di una stessa specie sono simili fra loro ma non uguali, in ogni popolazione i singoli individui hanno caratteristiche diverse alcune più adatte all'ambiente locale altre meno.
  2. La sovrabbondanza della prole. Questa idea gli era stata suggerita da un libro di un economista inglese, Thomas Malthus, secondo il quale la popolazione umana tendeva a crescere molto di più di quanto crescevano le risorse alimentari. Secondo Darwin tutte le popolazioni animali e vegetali generano un numero di figli superiore a quello sostenibile dalle risorse dell'ambiente in cui vivono.
  3. La lotta per l’esistenza (la sopravvivenza del più adatto). Gli individui di una stessa specie o di specie diverse, partecipano ad una competizione per il cibo, gli habitat e la riproduzione.
  4. La selezione naturale (il nome deriva dalla selezione artificiale effettuata dall'uomo per ottenere caratteristiche favorevoli negli animali o nelle piante domestiche). Gli individui con le caratteristiche PIU' ADATTE all'ambiente IN UN CERTO MOMENTO hanno maggiori possibilità di avere dei discendenti ai quali trasmettono le loro caratteristiche. Se queste caratteristiche continuano, nel tempo, a rimanere vantaggiose si può formare una nuova specie.
  5. La divergenza dei caratteri.La somma delle piccole differenze che si sono accumulate tende, con il tempo, ad aumentare dando origine alle grandi differenze che si riscontrano tra le specie.

Variabilità 

Darwin parte dallo studio degli animali domestici, in particolare dall'allevamento dei colombi.Anche a parità di condizioni esterne, non si trovano mai due animali addomesticati che siano uno identici l’uno all'altro: “se un certo numero di piccioni venissero mostrati ad un ornitologo dicendogli che si tratta di animali selvatici, secondo me sarebbero classificati come specie ben distinte”. La natura fornisce una serie di variazioni che l’uomo è in grado di far convergere in direzioni a lui convenienti attraverso una selezione artificiale delle caratteristiche volute. Darwin osserva che almeno una parte di questa variazione è ereditaria, nel senso che si trasmette di generazione in generazione, altrimenti il lavoro degli allevatori verrebbe vanificato ogni volta.

Cause della variabilità

Secondo Darwin la variabilità è regolata da molte leggi sconosciute, “le condizioni di vita (clima, alimentazione), la correlazione di crescita (quando si verifica una leggera variazione a carico di un organo spesso viene modificato anche il suo organo omologo come il sesamoide del polso e della tibia del panda) ma un certo effetto, forse più grande, può essere attribuito all'uso o al non uso di alcune parti”. Quindi Darwin recupera il principio di Lamarck dell’uso o non uso degli organi (“è ben noto che parecchi animali, appartenenti alle classi più diverse, che abitano nelle caverne della Stiria e del Kentucky, sono cieche. Siccome è difficile pensare che gli occhi, per quanto inutili, possono essere in qualche modo dannosi per gli animali che vivono al buio, io ne attribuisco la perdita interamente al disuso”) che, da molti testi scolastici, è attribuito unicamente a Lamarck. Quindi Darwin non conosce in modo esatto i motivi della comparsa di nuove varianti in una popolazione (sebbene ipotizzi le correlazioni di sviluppo, l’uso o disuso oppure l’azione delle condizioni esterne) ma, ed è questo importante, è assolutamente convinto che ad ogni generazione nella prole emergano piccole variazioni e che queste non compaiono in virtù degli effetti positivi o negativi che avranno su loro portatori. Al contrario di quello che pensava Lamarck e quasi tutti gli altri evoluzionisti dell’epoca, per Darwin le variazioni non emergono perché utili, emergono e basta, sono CASUALI e si presentano come un materiale grezzo di costruzione che poi viene plasmato di volta in volta dalla selezione naturale. Possiamo usare questa metafora: un contadino (la selezione naturale) che costruisce un muretto (la nuova specie) per recintare la sua proprietà utilizzando pietre, di forma CASUALE, che trova vicino a casa.

Sovrabbondanza della prole

A questo punto, Darwin, influenzato dalle idee e dal libro “Saggio sui principi della popolazione” dell’economista inglese Thomas Malthus, spiega che in ogni generazione nascono più figli di quanti riescono a sopravvivere e a riprodursi.

Competizione e lotta per la sopravvivenza

Le popolazioni biologiche, se lasciate a se stesse, riempiono qualsiasi ambiente e, questo, stimola la competizione tra individui della stessa specie o di specie diversa: “la natura può essere paragonata a una superficie sulla quale sono disposti diecimila affilatissimi cunei ammassati l’uno vicino all'altro e conficcati dentro a forza. C’è una forza che cerca di formare vuoti spingendo fuori le strutture più deboli”. Quindi ogni individuo lotta per l’esistenza, una lotta “in senso lato e metaforico” dice Darwin: “si può affermare che in tempo di carestia due appartenenti alla famiglia dei canidi lottano tra loro per decidere chi prenderà il cibo e vivrà. Ma anche di una pianta ai margini del deserto si dice che lotta per la vita contro la siccità oppure di una pianta che produce annualmente un migliaio di semi, uno solo dei quali in media, giunge a maturazione, possiamo più giustamente dire che lotta con le piante della stessa specie o di altre specie che già rivestono il suolo.”

Selezione naturale

In virtù di questa lotta per la vita, le variazioni, per lievi che siano e da qualsiasi causa provengano, purché siano utili in qualche modo agli individui di una specie nei loro rapporti infinitamente complessi con gli altri organismi e con le condizioni fisiche della vita, contribuiranno alla sopravvivenza di quegli individui e saranno ereditate dai loro discendenti. Quindi l’evoluzione non è il risultato di un rapporto diretto con tra l’organismo e il suo ambiente, come in Lamarck. Il clima rigido non fortifica direttamente i sopravvissuti ma fa si che sopravvivano gli individui portatori di caratteristiche che li rendono più resistenti. Per analogia con la selezione operata dall'uomo, Darwin chiama selezione naturale (che poi diventerà su suggerimento di Spencer “sopravvivenza del più adatto” nella quinta edizione del suo libro del 1869) il principio grazie al quale ogni più piccola variazione, se utile, si conserva.

Divergenza dei caratteri

Gli ambienti naturali tendono ad essere il più densamente abitati possibile (entro i limiti dati dalle risorse possibili) da popolazioni in continua crescita. La somma delle piccole differenze esistenti tra le specie tende ad aumentare fino a dare origine alle grandi differenze che si riscontrano tra le specie. Dice Darwin:"Non vedo limite alla quantità di cambiamenti, alla bellezza e alla complessità degli adattamenti che possono essere effettuati nel lungo corso del tempo attraverso il potere di selezione della natura, cioè per mezzo della sopravvivenza del più adatto". 

 

La teoria dell'evoluzione